Home > Italiano > America Latina e Caraibi > Ha vinto la grande dignità della Rivoluzione cubana
Vista
Ha vinto la grande dignità della Rivoluzione cubana
Ilka Oliva Corado, Nostramerica
lunedì 28 marzo 2016, di
Tutte le versioni di questo articolo: [English] [Español] [italiano]
23 marzo 2016 - Nostramerica - Raccontatecela come vi pare, ma la Rivoluzione cubana continua a vincere contro l’ingerenza statunitense non ostante di blocco di tanti decenni e la Legge di Ajuste cubano (per non parlare del resto).
E siccome si tratta di parlar chiaro, cominciamo: come fa Obama a parlare di democrazia se nel suo paese la polizia ammazza come cani randagi gli afrodiscendenti e gli immigrati latinoamericani indocumentati? Come fa a parlare di democrazia se nel suo paese i poveri muoiono di fame senza poter ricevere l’indispensabile e neanche il diritto alla salute? E ha il coraggio di andarlo a dire ai cubani, in casa loro, quando Cuba è una bandiera latinoamericana quanto al sistema di salute e di educazione. Poverino, nessuno lo ha avvisato prima di dire una simile corbelleria?
Ha detto: “siamo tutti americani”, con un tono romantico –da finale di telenovela- quando lui è il più grande deportatore di immigranti latinoamericani indocumentati che ci sia mai stato nella storia degli Stati Uniti. Che vuol dire “siamo tutti americani”? Non mi dite che cita la canzone dei Tigres del Norte! Raccontatecela come vi pare, parlano i fatti. L’oratoria va bene nei Giochi Florali. Se dice: gli Stati Uniti e Cuba sono paesi fratelli, forse che non lo è pure il Venezuela? Lo dico a proposito della frase: “Siamo tutti americani”.
Che fa Obama quando, mentre sta ristabilendo i rapporti con Cuba, firma per il secondo anno consecutivo un Ordine Esecutivo che dichiara che il Venezuela è un pericolo per il suo paese? “Siamo tutti americani”, ma continua l’ingerenza degli Stati Uniti in America Latina. Quando si deciderà a cancellare il Plan Cóndor dalla regione?.
A Cuba recita i versi di José Martí, e poi va in Argentina proprio nel quarantesimo anniversario del golpe militare e dell’inizio della sanguinaria dittatura nella quale, naturalmente, c’era lo zampino degli Stati Uniti. Reciterà versi del Martín Fierro o forse proietterà La Historia Oficial?
Ha parlato dell’epidemia di ebola e del fatto che medici statunitensi hanno lavorato insieme a medici cubani, ma che mancanza di rispetto e che faccia tosta! Solo i medici cubani, quando il mondo girava le spalle alla Sierra Leone, sono rimasti e hanno combattuto l’epidemia curando fino all’ultimo paziente. Perché non ha ricordato che gli USA offrono la residenza a medici cubani purché abbandonino le loro missioni umanitarie in giro per il mondo?
Ha avuto il coraggio di mettere in dubbio la sovranità del popolo cubano, ma sulla Base Navale di Guantánamo, neanche una parola. Cosa che invece ha fatto Raúl Castro, come c’era da aspettarsi. E Raúl Castro, da uomo latinoamericano che si rispetta, si è pronunciato sul Venezuela.
Ha parlato di riavvicinamento con Cuba ma non si è azzardato a citare la Legge di Ajuste Cubano. Ha parlato con toni drammatici, teatrali, del profondo dolore dei cubani emigrati negli Stati Uniti, ma saprà del profondo dolore che cosa sentono il resto degli emigranti latinoamericani, anche loro emigrati dal loro paese e a cui nega la Riforma Migratoria e che deporta in grandi quantità, separando le famiglie?
E’ una mancanza di rispetto che personaggi come Obama osino pronunciare il nome di Martin Luther King e di José Martí, soprattutto in un discorso politico che come è arcinoto, ha un carattere ipocrita.
Non solo ha osato mettere in questione la sovranità del popolo cubano, ma ha insinuato che esiste una dittatura castrista quando ha detto che il futuro di Cuba deve stare nelle mani del popolo cubano. La Cuba della Rivoluzione è stata sempre nelle mani del suo popolo, e la gioventù di cui lui parla vivrebbe in un paese molto più progredito se gli Stati Uniti togliessero il blocco. Ha parlato del socialismo nell’isola e del libero mercato negli Stati Uniti. Non si tratta di libero mercato, chiamiamolo per nome: è capitalismo.
Con la sua capacità oratoria, Obama ha detto che è ora di dimenticare il passato, che dobbiamo lasciarcelo alle spalle e che bisogna guardare al futuro con speranza. Mi pare che non sappia che c’è qualcosa che si chiama Memoria Storica, ma potrebbe andare a trovare le Madri della Plaza de Mayo ora che va in Argentina, sicuramente loro glielo spiegherebbero volentieri e a fondo. Non esiste l’oblio, esiste la giustizia, questo sì.
Obama si è congedato in spagnolo con la frase della leggendaria Dolores Huerta –che aggiudica il patriarcato a César Chávez-: “Sí se puede”, la stessa frase da lui usata come slogan nelle sue due campagne presidenziali insieme a “Yes, we can”, per conquistare il voto latino promettendo a milioni di indocumentati la Riforma Migratoria.
Non possiamo farci ingannare da frasi romantiche –che non hanno niente a che vedere con l’utopia-, parlano i fatti. E fino a questo momento, gli Stati Uniti non hanno dimostrato di volere veramente ristabilire relazioni con Cuba visto che continuano ed esistere il blocco, la Legge di Ajuste cubano e la Base Navale di Guantánamo.
Gli Stati Uniti non guardano l’America Latina con occhi di umanità e rispetto delle politiche di ciascun paese; continuano a guardarla con lo spirito e l’accanimento dell’ingerenza.
In questa visita di Obama, dobbiamo congratularci con questo popolo cubano, onesto, che ha supportato la Rivoluzione con dignità in tutti questi anni. Non so se qualche altro paese dell’America Latina avrebbe resistito tanto. Esempio lampante del fatto che le loro idee restano salde e indistruttibili è l’accoglienza tributata da Fidel a Maduro alla vigilia dell’arrivo di Obama. Chi vuole scrivere libri, cronache, studi, opinioni giornalistiche per la storia, non dovrà dimenticare questo gesto che la stampa mondiale polarizzata ha occultato.
Raccontatecela come vi pare …